Ape & Cat

Ne La Madonna del Futuro – primo racconto della raccolta Segreti d’artista – due idee d’arte, quanto mai distanti tra loro, si incontrano: sono impersonate dal desolato e sterile ascetismo di Theobald, teorico di un’arte ispirata a modelli altissimi, e dalla figura di un abile artigiano, realizzatore di statuette da caminetto, veri ninnoli Kitsch, diremmo oggi. Quest’uomo sorprendente, dotato di un pratico e civettuolo cinismo, ricapitolato nei suoi ammiccanti oggetti – gatti e scimmie rappresentati in pose e atteggiamenti umani – è l’artefice di un mondo rassicurante, legato a piccoli buoni oggetti di pessimo gusto, che rimandano a Guido Gozzano, ma anche alla passione di tanti autori per figure dalle forme e sembianze familiari, che piacciono in modo inconfessabile.

Le scimmie e gatti sono immagini così allusive, così insolenti, così espressive, da generare il fondamentale refrain in cui si riassume un fondamentale tema del racconto, quello che racconta del rapporto tra arte e vita, dell’idea di mondo e della valenza etica che l’arte comunica: “Gatti e scimmie – scimmie e gatti – qui c’è tutta la vita umana!”.

Da questo punto di vista James ne La Madonna del Futuro coglie nel segno, individuando nel ritratto sempre procrastinato da Theobald e nelle figurine zoomorfe proto Kitsch due polarità della ricerca artistica – quella che tenta di assimilare e riproporre, sempre identico, un ideale assoluto e quella che gioca ironicamente con il presente e con la sua sensibilità, anche deteriore.

La riflessione estetica jamesiana, iniziata in Picture and Text, concentrata sui diversi luoghi di elezione della stretta collaborazione tra parola e segno grafico, subisce qui un’ulteriore evoluzione dimostrando tutta l’attualità di James. Nel motivo “Ape&Cat” potrebbe infatti racchiudersi una categoria dell’arte – quella che dal Kitsch conduce al Camp – che ancora alimenta il nostro immaginario estetico. Una provocazione, quella dei ninnoli da caminetto, che risulta perfettamente coerente con l’imminente conquista dell’arte moderna, con l’indipendenza della ricerca estetica dall’obbligo del bello, del sublime, del ‘classico’. Eppure, nonostante quello della concettualizzazione del fare artistico sembri essere un processo non più rivedibile, non bisogna illudersi: la vocazione perpetua all’arte assoluta continua a suscitare il suo richiamo dirompente. Se non altro come sfondo dialettico per il graduale riassestamento dei rapporti di forza fra opposte tendenze: quelle che radicano l’arte sul terreno della mera rivelazione dello Zeitgeist, e quelle che la vogliono avanguardia delle esistenze ancora possibili, fonte rivoluzionaria del nuovo sentire, Weltanschauung di una vita sempre ulteriore.

In evidenza: “Tooneelen uit het leven der Apen” (1841), di Fedor Alexis Flinzer.