Liquid antiquity

Il mondo descritto nel I libro dell’opera principale di Agrippa, il “De occulta philosophia”, è, per dirla con Zygmunt Bauman, un mondo “liquido”, un mondo in cui circolano dappertutto forze fluide: l’anima universale, l’amore e l’odio, la simpatia e l’antipatia, i demoni e gli spiriti, gli umori, eppure, qui tutto avviene sulla base di leggi ferree. La liquidità del mondo di Agrippa riposa nella profonda contraddittorietà delle sue radici interpretative, in cui si confondono continuamente la libertà dell’uomo e l’assoggettamento alla natura e alle forze celesti, elementi di magia popolare (provenienti dal mondo irano-mesopotamico e dall’astrologia persiana) con elementi di magia dotta, ispirata dal neoplatonismo, al pitagorismo, alla cabala.

Agrippa è un campione di eclettismo – fenomeno non nuovo nella storia archeologica del sapere – ma ancor più è un evoluzionista (neoplatonicamente parlando), affiliato a una corrente di pensiero in cui confluiscono elementi dottrinari disparati, in virtù dei quali è possibile ipotizzare una nuova relazione dei due mondi, quello delle forme pure e quello del reale, quello dell’essere e quello del pensiero. Ad essere liquido è l’essere da cui tutto promana; pur considerato ancora nel suo isolamento in una dimensione che è al di là del mondo sensibile, non è più il motore immobile di Aristotele, il dio assente, ma è attività, è, per usare termini più attuali – leibniziani nello specifico – energia, forza che si distribuisce secondo gradi in tutto l’universo. Ogni vivente trova in questo le ragioni del suo essere: non più moltitudine irrelata, ma simbolo dell’unità dell’idea e perciò stesso un insieme al cui interno sono iscritte le leggi della propria conservazione e delle proprie trasformazioni. Il singolo non vive che nell’insieme delle relazioni, come parte di un organismo, un organismo la cui forza dei legami farebbe pensare più ad una sostanza liquida che non solida – proprio come vorrebbe Bauman e il suo grande mentore, Ilya Prigogine.

Agrippa von Nettesheim è il portatore di una nuova visione della natura, in cui ogni essere è inserito in una catena di nessi causali regolari, per cui ogni influsso si riverbera sulla totalità dei fenomeni. Su una realtà così organizzata, in cui ogni mutamento è determinato da precise leggi evolutive, da precisi e ben identificabili stati delle cose, non è operabile nessun intervento arbitrario. La magia non è più solo quella dei simboli e dei segni, o fondata sulla conoscenza occulta delle parole, ma quella fondata sulla conoscenza delle disposizioni regolari e delle potenzialità delle cose. Tutto questo è vero anche se egli, riprendendo motivi dalla tradizione del pensiero iranico-mesopotamico, ermetico, cabalistico e neoplatonico, sperimenta drammaticamente i limiti stessi della magia, che per raggiungere il suo fine è costretta a trasformarsi in una teurgia implicante una particolare illuminazione divina, e il mago trasformarsi in sacerdote.

L’antichità di Agrippa, che è uomo nuovo di un’era nuova – la Rinascenza in cui covano i germi della scienza moderna – sta nel suo abissale pensiero, che affonda le basi in una sapienza millenaria, quella che considera il mondo come un unico, interrelato, organismo vivente, liquido. Ma la sua liquidità è così distante dalla nostra, noi che siamo costretti a vivere privi di legami stabili, immersi in un mondo senza Stati, senza confini. La liquidità di Agrippa è quella di un pensiero che intercetta le leggi di mantenimento del reale; la nostra liquidità è quella di esseri persi nell’assenza di riferimenti, nella caduta delle frontiere, nella corrispettiva perdita di libertà. Forse, quello di cui avremmo bisogno non è una moderna solidità, ma un’antica liquidità.

(Dall’Introduzione al “De occulta philosophia“, prossima uscita della collana Exquis)

In evidenza: Universum, incisione che illustra il libro di Camille Flammarion, L’Atmosphere: Météorologie Populaire, París, 1888, autore sconosciuto.