Segreti d’artista

Henry James ha molto riflettuto sulla pittura: l’aveva studiata in gioventù, frequentando artisti e musei; aveva poi continuato a intessere la sua attività di romanziere e saggista di un proficuo e profondo dialogo con le arti figurative. Egli considerava non solo la pittura una forma espressiva strettamente legata alla letteratura, ma riteneva che tutte le arti fossero in fondo essenzialmente una sola. In Picture and Text, un testo pubblicato nel 1893 per Harper and Brothers e dedicato ad alcuni suoi amici artisti (Edwin A. Abbey, Charles S. Reinhart, Alfred Parsons, John S. Sargent, Honoré Daumier), James tematizzò espressamente questa unione delle arti, concentrandosi però solo su determinati contesti. Il dialogo tra lo scrittore e l’illustratore, che si svolge nell’economia della moderna editoria; il connubio tra autore teatrale e scenografo, dove scrittura e architettura scenica vivono in simbiosi solo nello spazio e tempo dei plays. Nella raccolta di racconti Segreti d’artista, invece, James pone delle vere Grundfrage estetiche, questioni totalizzanti sul ruolo e il segreto dell’arte e sulla capacità della scrittura di svelarle. Come è possibile la mimesi di un modello invisibile? Quale forza, fuori dalla portata e dalla consapevolezza dell’artista, dà forma e guida, simile a una magnifica ossessione, la creazione?

Questi tre racconti (La Madonna del Futuro,La bella di M. Briseux, La figura nel tappeto) rappresentano, quindi, una splendida base di riflessione per ripensare il senso dell’arte, sia sul versante tecnico del suo farsi e dei suoi obiettivi specifici, che sul piano della sua funzione e utilità sociale. Una simile considerazione, lungi dal voler costituire un discorso specialistico, appartiene, in fondo, a tutti noi. L’arte è più vicina alla nostra vita e più alla nostra portata di quanto abitualmente supponiamo. La sua fruizione, e questo vale per ogni sua forma di espressione, non è evasione in un mondo diverso, ma è, invece, un momento di privilegiato accesso nel mondo, una maniera di allargarne gli orizzonti culturali e di connettere le epoche. Questa concezione universale va inevitabilmente contestualizzata nel tempo in cui James compose i suoi racconti d’arte. I pittori e scultori che conobbe in Europa e in America nell’ultimo scorcio del XIX sec. erano artisti accademici, vicini al neoclassicismo e votati ad un ideale stilistico che la modernità stava rapidamente scalzando. Eppure, quel grande rivolgimento pittorico rappresentato dall’esposizione parigina degli Impressionisti al Salon des refusées ebbe luogo solo un anno dopo la pubblicazione de La Madonna del Futuro – il racconto comparve, infatti, nella prima di tre successive stesure, nel 1873.

È dunque oltremodo significativo che, nel pieno di questa temperie, di quest’epoca di passaggio, in cui si affacciavano visioni estetiche rivoluzionarie, sensibili alla modernità, ai nuovi stili di vita e alle nuove tecniche di rappresentazione del mondo, James focalizzi la sua attenzione su una questione estetica eterna, in apparente astensione dall’attualità. Forse, l’unica attualità possibile in arte non passa per la rincorsa della modernità, ma nell’ascolto dell’eco eterna e irrisolta delle origini.

In evidenza: “Singe et marrons” (1976-88), di Guérard, Henri-Charles.