In quanti modi si dice catarsi?

Della catarsi, parola di non facile comprensione, molte discipline si sono interessate. La pluralità di approcci con cui si è tentato di avvicinarla racconta della sua natura ibrida, o quanto meno ancipite, di “concetto incarnato”, ovvero di un dispositivo medico e di un meccanismo psicologico insieme. L’ambiguità del suo statuto, che rende indecidibile la sua appartenenza all’ambito della disciplina dei corpi o al campo dei processi cognitivi, esercita ancora oggi un inesausto fascino, forse proprio in virtù della difficile mediazione, al di fuori di una concezione olistica, di una nozione che da un lontano passato continua a indicarci una remota modalità di correlazione organica e spirituale.

Quello che colpisce del processo catartico è la sua natura contraddittoria, che ottiene una purificazione spirituale per mezzo di una modificazione corporea, in virtù di una concezione che lega a sé natura e individuo, bios e mens. Ma l’interesse generato dal procedimento della purificazione deriva anche dallo sdoppiamento percettivo che esso attiva nell’individuo, facendolo calare in una situazione estranea, per quanto esemplare e universale, dalla quale riguardarsi meglio, scendendo più a fondo dentro di sé.

Tutto questo suggerisce la necessità di un’indagine sconfinante, che avvicini un fenomeno estetico con piglio sperimentale, dando conto dell’occorrenza del temine tanto in ambito biologico quanto magico-rituale, psicologico ed estetico, e pertanto necessiti di un approccio plurimo, in cui le prospettive si integrino grazie a contributi provenienti da discipline diverse: dai saperi umanistici a quelli scientifici, alle arti sceniche.

Abbiamo così raccolto, in questo volume, voci eterogenee e curiosamente convergenti: Gianluca Garelli, filosofo, partendo da Aristotele e arrivando, tramite H.G. Gadamer, ad Adorno ha parlato di un processo purificatorio che risponde a una logica strumentale, una forma di vigilanza culturale per cui l’arte, eminentemente l’arte, è finalizzata al controllo sociale.

Le derivazioni somatiche del meccanismo catartico sono poi state indagate da Gilberto Camilla, psicoanalista, nell’ambito della vexata quaestio sulla definizione della nozione di “coscienza” e sulle dislocazioni liberatorie cui conducono i cosiddetti “stati alterati”.

Infine, a rimarcare l’emergenza contemporanea del concetto e la sua declinazione attiva nell’ambito dei “saperi di scena”, laddove il corpo e la voce incidono lo spazio teatrale, hanno scritto Simona Bertozzi, danzatrice e coreografa; Antonio Rezza, attore e regista; Flavia Mastrella, artista e scenografa.

***

Leggi Catarsi