Categoria prediletta dell’arte contemporanea, in cui le pratiche ascetiche di liberazione dalla corporeità e da una visceralità rese tabù vengono recuperate in un ambito estetico ritualizzato, quale procedura catartica di neutralizzazione della nostra identità culturale attraverso il disapprendimento del disgusto; musa dionisiaca della poetica più anticonformista, il disgusto diventa, in questo libro, il cimento per la critica estetica e antropologica, per l’invenzione poetica e letteraria. Tutto questo, e molto altro, materializza alcune delle più significative suggestioni evocate dalla parola “disgusto” nel volume che presentiamo. Abbiamo chiesto ad Andrea Mecacci, professore di estetica all’Università di Firenze, di ragionare sulle radici estetiche del problema, muovendosi tra i Lumi e il Baudelaire di Pauvre Belgique!, poema in cui lo spleen parigino diventa il dégoûtant belga, in cui strade-latrine di Bruxelles sono ricetto di tali deformità femminine e infantili bruttezze da essere superate solo dal fetore immondo che promana da stamberghe di una città allucinata, capitale di sozzure infinite. Proseguendo la disamina del processo di elevazione del concetto di disgusto a categoria estetica novecentesca, s’intraprende un percorso che va dalla Fountain di Duchamp ai gesti dada di Tzara fino all’azionismo viennese passando per la “merda d’artista” di Piero Manzoni. Infine, segno che neanche la settima arte ha tralasciato la sua musa più incoffessata, ecco una formidabile carrellata di film in cui l’intelligenza del corpo e dei suoi limiti oscuri ha ispirato alcune delle più controverse pellicole del secolo scorso: da John Waters a Pier Paolo Pasolini, da Marco Ferreri a Luis Buñuel. Valentina Lusini, antropologa dell’arte dell’Università di Siena, attraverso un approccio che si avvale di diversi contributi teorici, anche nel campo della sociologia dell’arte, riesce a mostrare alcuni dei più interessanti meccanismi di esposizione del disgusto, inteso come grande rimosso collettivo che riceve una nuova significazione sulla scena del fare artistico, in quello spazio sperimentale della rappresentazione che celebra il trionfo della nausea e s’interroga sulla forza trasgressiva e persuasiva dell’impurità e dell’indistinzione, mettendo fine all’estetica del buon gusto e contenendo la minaccia dell’informe. Francesco Bianconi, frontman e autore dei Baustelle, inventa invece un’ode unica, evocando Caterina da Siena e i Rolling Stones, Nietzsche e la Nausée, lasciando planare sui suoi versi il grande demone del millennio, il disgusto inteso come spirito doppio, “fenomenologicamente intenzionale”, incatenato al corpo da una forza plusvitale, abitata dalla morte. Infine, il duo synth pop patafisico dei Camillas, partendo da un’esilarante rilettura di un’improbabile episodio della vita di David Hume rilega la sua più realistica, ma altrettanto visionaria, esperienza di vita artistica e disgusto creativo debordando con geniale volontà mai conclusiva verso orizzonti solo probabili di vita ulteriore, ché il disgusto è un oltrepassamento incontenibile del ben dire, del ben immaginare e del benessere. Insomma una lettura eccentrica e ricchissima, uno sprone imperdibile. Buon divertimento.
Il testo è tratto dall’Introduzione al volume Dis/gusto.
In evidenza un’immagine tratta da un lavor di Rudolf Schwarzkogler dal titolo “To The Quiet Men from a Tiny Girl”.