Il terrore e l’invenzione

Questo volume raccoglie nove fra i migliori racconti del terrore e del soprannaturale che siano mai stati scritti nella letteratura occidentale. Scandagli gettati nel mare dell’ignoto che ci sta intorno, ne sono estratti grondanti di acque nere, cosparsi di bagliori stellari sono ammiccamenti maligni, segnali di potenze ostili che irridono la miseria umana e ci fanno sentire inermi al cospetto di un cosmo dove il male si compie nella più agghiacciante indifferenza.

Il bisogno di cercare la radice misteriosa delle cose, foss’anche orrenda, si rispecchia nel bisogno di idealizzare le cose stesse, attraverso i concetti di purezza, bellezza, santità. Viene invece nascosto quel che può presentarsi come tremendo e inumano infinito.

La raccolta che presentiamo si apre con il racconto La Maschera di Robert William Chambers. Racconto paradossale e ambiguo, in cui l’oggetto della massima idealizzazione, la giovane donna, finisce per raggiungere una perfezione senza tempo al di là della vita. In esso tre giovani di intelligenza e passionalità ardenti cercano l’essenza della vita nella fascinazione della bellezza, nell’esaltazione del sublime del femminile e della purezza della giovane protagonista, mentre la potenza di Eros crea tensioni violente e turba anch’essa in profondità ogni disegno della ragione e gli equilibri fra la bella e i due cavalieri che se la contendono con le diverse espressioni avventurose dei loro talenti. In una Parigi surreale, fra marmi, acque incantate, profumi inebrianti di fiori, e nel fiore dell’età dei protagonisti, si prepara il trionfo della morte mascherato da promessa di immortalità.

Una delle basi per la riuscita dell’evocazione del terrore dagli abissi è dunque l’intensità della relazione fra persone, soprattutto innamorati, amanti, amici, madri, o padri, e figli. Situazioni cioè dove ci sono calore, desiderio, contraddizione e dismisura. Come nel racconto succitato, ma anche in quel capolavoro dell’orrore che è La morte di Halpin Frayser di Ambrose Bierce. Il racconto, in flash back dopo un’apertura in cui siamo immediatamente confrontati col terrore, si sviluppa sul terreno di un legame morboso fra madre e figlio, e di una koiné culturale familiare che si allarga a un marito insignificante e a un nonno materno defunto, Myron Bayne, poeta dai versi lugubri con cui la nipote non cessa di mantenersi costantemente in comunicazione. Questa claustrofilica enclave è caratterizzata da una spiccata sensibilità per i cattivi presagi, per i segnali inquietanti annidati negli anfratti della quotidianità che all’occhio attento rivelano la labilità della frontiera fra il nostro mondo comune e il soprannaturale spettrale, per dirla con Lovecraft. È su questo terreno che germina il triste destino del giovane uomo Halpin. Questi un giorno parte da Nashville alla volta della California per un viaggio di lavoro iniziatico, coincidente con il primo distacco dalla madre Catharine, una donna giovane e bella, chiamata Katy dal figlio in una simbiosi permeata di sottile sensualità. All’annuncio del distacco imminente Kathy aveva espresso, con accenti di intenso rammarico e con un sogno spaventoso in cui il figlio le compariva con il volto ricoperto da un sudario bianco, i suoi sentimenti di abbandono e dunque il suo desiderio, che sarebbe rimasto deluso, di seguire il suo Halpin. Durante la sua assenza da casa il giovane sarà dapprima rapito e imbarcato a forza su una nave, e poi, dopo il ritorno a terra, per una singolare e fatale coincidenza, si smarrirà in un bosco in cui si era spinto a caccia. Al culmine di una terrificante odissea in una macabra foresta di alberi stillanti sangue, si ritroverà a un certo punto senza accorgersene accanto alla tomba della madre, stremato al cospetto del cadavere, o meglio del corpo senz’anima della madre, che là si trova verosimilmente in seguito alla sua partenza per raggiungere il figlio. Divenuta una zombie − e questo racconto segna l’ingresso di tale sinistra figura sulla scena del mondo − in un contesto che non sappiamo se corrisponda a un incubo di Halpin o a un incontro reale, uccide il figlio soffocandolo, portando a compimento la tetra profezia che le si era presentata in sogno alla vigilia della partenza del figlio.

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Brano tratto dall’Introduzione a Il marchio della bestia.